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Sempre più spesso riceviamo telefonate ed eMail nelle quali ci vengono poste varie domande: “Anche voi siete riconosciuti dal CNEL?” “Anche voi rilasciate un accreditamento europeo?” “Stiamo per essere parificati ad un Ordine professionale?”. Navigando su internet la situazione non migliora più di tanto. Ci sono siti di scuole di formazione in counseling che riportano frasi come: “Scuola accreditata dal CNEL”, piuttosto che “Corso riconosciuto da”. Ma, quel che è peggio, ci sono siti internet di altre associazioni di counseling che, con toni diversi, propagandano le medesime informazioni.
Personalmente riteniamo che tutto questo sia utile solo per ingenerare confusione negli allievi delle scuole di formazione e, soprattutto, nei potenziali utenti dei couselor.
A proposito del CNEL Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è un organo previsto dall’articolo 99 della Costituzione. E’ un organo di tipo prevalentemente consultivo, benché abbia diritto all’iniziativa legislativa per le materie di sua competenza (legislazione economica e sociale con esclusione di quella tributaria).
Il CNEL possiede una banca dati delle associazioni professionali: la banca dati è uno strumento conoscitivo del fenomeno associativo e non ha alcuna efficacia né giuridica né vincolante, né può operare una distinzione di alcun genere tra le associazioni che in essa sono comprese e le altre che non lo sono.
La consulta del CNEL (quella famosa, a cui tutti fanno riferimento…) è un organo che non esiste più dal 2000 e il CNEL non riconosce affatto alcun titolo rilasciato da alcuna associazione, non avendo potere in merito.
Per i più accorti queste informazioni potranno apparire banalità, ma su alcuni siti internet tutt’oggi possiamo leggere che: “l’iscrizione al CNEL abilita all’esercizio della libera professione”.
Il CNEL, dunque, non riconosce alcunché. Semmai, censisce. Ma, questo censimento, non ha valore alcuno dal punto di vista giuridico.
Pertanto, allo stato attuale della normativa italiana, una qualunque associazione opera sulla base di quello che le è consentito dal Codice Civile e dalla legislazione inerente.
A proposito delle associazioni professionali di categoria Premesso che in Italia non esiste una natura giuridica specifica per le associazioni professionali di categoria (non a caso tutte le associazioni che si autodefiniscono tali sono – compresa AssoCounseling – delle associazioni senza fine di lucro), vediamo un po’ più da vicino questo fenomeno.
La Commissione Europea ha facoltà di convocare apposite conferenze di servizi cui partecipano le autorità competenti di ogni Stato: Presidenza del Consiglio dei Ministri in primis, poi Ministeri (ognuno per la propria competenza) e poi, eventualmente: Ordini, Albi o Collegi professionali e associazioni rappresentative delle professioni.
Si ipotizza dunque, in un futuro, un tavolo europeo che tratti di riconoscimenti e qualifiche professionali (ripetiamo: si ipotizza, in quanto non vi è alcuna certezza).
Il Decreto Legislativo 206 del 2007, attuando la direttiva europea 2005/36/CEE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, definiva all’articolo 26 (piattaforma comune) le linee guida per tutte quelle associazioni che intendevano essere rappresentative delle professioni.
Specificando al comma 4 che l’individuazione di tali associazioni spettava al Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero delle politiche europee, sentito il parere del CNEL.
Successivamente il Ministero della giustizia, di concerto con quello delle politiche europee, varava un decreto interministeriale (il DM 28-04-2008) con il quale attuava le procedure di verifica per queste associazioni.
Alcune associazioni hanno proposto la loro documentazione al fine di ottenere un qualche risposta dal Ministero.
L’11 febbraio 2009, con due diverse sentenze, il TAR Lazio, sezione I, ha annullato il DM 28-04-2008. Al momento che scriviamo non sappiamo se il Ministero intenderà ricorrere al Consiglio di Stato avverso questo annullamento.
Ciò significa che allo stato attuale, l’unica fonte normativa di riferimento è l’articolo 26 del D.Lgs. 206/07 (poiché il Decreto, in quanto annullato, ha perduto efficacia).
A proposito dei riconoscimenti europei Allo stato attuale, ogni paese membro della CEE è sovrano quando legifera in tema di professioni. Cosa significa questo? Che indipendentemente dal titolo che si possiede, prima di andare a lavorare in qualunque stato estero, è opportuno che il professionista si informi preventivamente su quali sono i requisiti che lo stato di destinazione richiede per esercitare la professione.
Troviamo encomiabile che singole associazioni, scuole, e gruppi di individui percorrano la strada dell’affiliazione ad organismi di respiro europeo o internazionale, a patto che sia sempre chiaramente precisato che tali affiliazioni e reciproci riconoscimenti hanno una valenza culturale (nella maggior parte dei casi) e, tutt’al più, politica quando dietro vi è un disegno più ampio.
Sicuramente in futuro saremo chiamati a confrontarci con gli altri paesi europei e sicuramente, prima o poi, andranno adottati dei modelli formativi e professionali condivisi in quanto dovrà essere consentita la libera circolazione dei titoli e delle professioni.
Sicuramente. In futuro.
A proposito dell’esercizio della professione Il counseling è una professione così detta non regolamentata: lo Stato, cioè, non la istituisce con un’apposita Legge, né individua specifici organismi deputati al controllo (gli Ordini) e conseguentemente non definisce i criteri minimi di accesso alla professione (titolo di studio, tirocinio, etc.).
Allo stato attuale chiunque può definirsi counselor e asserire di esercitare il counseling. E’ un atto del tutto volontario, al pari di quello che potrebbero fare gli enologi, gli informatici, gli interpreti, i bibliotecari, etc. ovvero le altre professioni così dette non regolamentate.
Il fatto che esistano luoghi in cui si apprende il counseling (le scuole) e specifici organismi che si sono dotati di una struttura adeguata all’accreditamento dei professionisti (le associazioni), nulla toglie e nulla aggiunge alla libertà dell’esercizio della professione.
Neppure esistono vincoli di altro genere: affiliazioni più o meno roboanti, censimenti del CNEL, accreditamenti vari, etc. Gli unici vincoli sono dettati, come per qualunque professione, dal Codice Civile.
A proposito del modello autorizzatorio e di quello accreditatorio I sistemi di organizzazione delle professioni sono suddivisi in due categorie: sistema autorizzatorio e sistema accreditatorio.
Il primo (sistema autorizzatorio) è tipico delle professionioni ordinistiche regolamentate: l’ordine professionale verifica che il professionista possegga i requisiti minimi previsti dallo Stato (titolo di studio specifico, superamento dell'esame di Stato, etc.) e ne formalizza l'iscrizione. E’ un sistema che poggia, prevalentemente, sull’idea che la qualità di una prestazione professionale sia strettamente collegata con l’iter accademico del suo erogatore (il professionista). Il controllo avviene a monte.
Il secondo (sistema accreditatorio) è tipico delle professioni non regolamentate: è un processo di valutazione sistematico e periodico svolto da un’agenzia esterna o da un altro organismo, il cui obiettivo è quello di verificare il possesso da parte delle strutture o dei professionisti di requisiti predeterminati che si ritiene influiscano sulla qualità della prestazione professionale.
Pertanto, fermo restando che l’esercizio del counseling non è sottoponibile ad alcuna autorizzazione preventiva, i professionisti del counseling hanno di fronte a sé la possibilità – con un atto del tutto volontario – di richiedere ad un soggetto terzo ed indipendente la certificazione delle proprie competenze professionali.
La logica del modello accreditatorio è quella di fornire agli utenti, in assenza di un Ordine professionale, un valido modello di riferimento che consenta una scelta più consapevole del professionista a cui rivolgersi.
Infatti il professionista in questione, pur non essendo obbligato da alcuna norma, in piena libertà ed autonomia decide di:
- effettuare un percorso formativo che risponde a precisi requisiti (durata, materie, programmi, etc.);
- sottoporsi ad un esame di valutazione delle proprie competenze professionali;
- rispettare un Codice Deontologico che prevede sanzioni graduate rispetto all’eventuale illecito commesso;
- effettuare un aggiornamento permanente durante il proprio percorso professionale;
- sottoporsi ad una verifica periodica delle competenze certificate;
- stipulare una specifica polizza assicurativa (RCT) che copra il rischio derivante dall’esercizio della propria attività professionale.
L’organo certificatore (l’associazione) verifica costantemente il mantenimento da parte del professionista delle conoscenze e delle competenze che gli hanno consentito di ottenere il certificato di competenza.
Speriamo con queste poche righe di aver fatto un po’ di chiarezza, così da poter rendere ogni scelta una scelta consapevole e riflettuta.
Tutti i riferimenti normativi citati in questo articolo sono consultabili integralmente nella sezione di documentazione professionale sul sito dell’associazione (www.assocounseling.it).
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titolo: Counseling professionale e dintorni
autore/curatore: Lucia Fani, Tommaso Valleri
argomento: Politica professionale
fonte: AssoCounseling
data di pubblicazione: 05/08/2009
keywords: Lucia Fani, Tommaso Valleri, counseling professionale, counselor, CNEL, professioni non regolamentate
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